Le novità apportate dalla L. 124/2017, tra le altre cose, pongono fine al “monopolio” dei produttori musicali nell’attività di raccolta dei compensi generati dallo sfruttamento dei diritti connessi di interpreti e esecutori.
LEGGE 4 agosto 2017, n. 124 (in G.U. n. 189 del 14-8-2017)
La recente “Legge Concorrenza” (Legge 124/2017 e in particolare il comma 56 dell’art. 1) ha apportato importanti modifiche all’art. 73 della Legge 633/41 (L.d.A.).
Come noto, infatti, il testo della norma precedentemente in vigore attribuiva al solo produttore l’esercizio del diritto a compenso spettante al “produttore di fonogrammi (e a)gli artisti interpreti e agli artisti esecutori che abbiano compiuto l’interpretazione o l’esecuzione” per il caso in cui la stessa fosse utilizzata a scopo di lucro; compenso che doveva poi essere ripartito tra il produttore e l’artista interprete o esecutore.
Il legislatore, al fine di eliminare la forte limitazione alla concorrenza nel settore delle collecting society che ne derivava (finalità perseguita anche dal D.Lgs. 15 marzo 2017 n. 35), è dunque intervenuto modificando la previsione secondo cuil’esercizio del diritto all’equo compenso e la legittimazione al suo incasso spettassero in via esclusiva ai produttori, sui quali gravava unicamente l’obbligo di ripartire detto importo con gli interpreti e gli esecutori.
Con la modifica introdotta dalla norma in commento, in particolare, il nuovo art. 73 L.d.A. stabilisce non solo che il compenso in questione spetta “distintamente al produttore di fonogrammi ed agli artisti interpreti o esecutori” (resta tuttavia fermo il rinvio all’art. 23 del regolamento di esecuzione della L.d.A in merito alla quantificazione e alla ripartizione del compenso); ma anche che la raccolta del compenso in questione può essere esercitata dagli intermediari a cui “il produttore di fonogrammi e gli artisti interpreti o esecutori hanno conferito per iscritto il loro mandato”.
Come previsto dall’art. 3, secondo comma del Decreto del Presidente del Consiglio 19 dicembre 2012, l’elenco aggiornato delle imprese a cui può essere affidato (tramite mandato scritto) il ruolo di intermediari nella riscossione del compenso in questione è rinvenibile sul sito internet della Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per l’informazione e l’editoria. In particolare, l’elenco è riprodotto qui.
La modifica qui in esame segue del resto una specifica istruttoria avviata dall’AGCM nel 2016 nei confronti del Nuovo Imaie (il soggetto succeduto all’ex monopolista Imaie che materialmente riscuoteva il compenso per conto dei produttori) per sospette attività anticoncorrenziali a danno degli altri intermediari abilitati nonostante la liberalizzazione del settore già apportata nel settore: istruttoria chiusa unicamente a fronte dell’assunzione da parte del Nuovo Imaie di una serie di specifici impegni finalizzati ad eliminare ogni possibile ostacolo alla concorrenza.
Copia del provvedimento finale contenente anche la lista degli impegni assunti può essere reperita qui.
Da aggiungere, poi, che nonostante il silenzio della nuova norma, appare lecito ritenere che la nuova “legittimazione” copra anche la previsione di cui all’art. 73 bis LdA (ossia il compenso dovuto per le ipotesi di sfruttamento del fonogramma per scopo non di lucro).
Sempre in tema di diritti connessi, peraltro, si segnala una recente pronuncia della Corte di Cassazione penale (7 febbraio 2017 n. 34172) che ha riconosciuto la sussistenza del reato di cui all’art. 171 L.d.A. ove non sia stato corrisposto il compenso dovuto per lo sfruttamento dei diritti connessi in esame. In particolare la sentenza, dopo aver ribadito che “i diritti spettanti a produttori ed artisti sono autonomi rispetto a quelli degli autori di composizioni musicali e che essi sono oggetto di una specifica tutela penale e che la loro gestione non è attribuita per legge alla competenza della SIAE, legittimata alla riscossione dei secondi” ha riconosciuto come il “regolare versamento dei compensi dovuti alla SIAE” in ragione dei diritti d’autore non elimina l’onere di procedere anche al “pagamento delle somme spettanti in relazione ai diritti connessi”.
Ed è quindi immediato pensare alla necessità, anche solo per questioni di praticità nell’acquisizione del diritto a riprodurre brani musicali senza incorrere appunto nel reato di cui all’art. 171 L.d.A., che venga finalmente liberalizzata anche l’attività di intermediario per l’esercizio dei diritti d’autore (attualmente attribuito in regime di monopolio alla SIAE dall’art. 180 L.d.A.)
E proprio su quest’ultimo punto, pare utile richiamare ancora una volta i condivisibili rilevi espressi dall’AGCM nel suo parere del 1 giugno 2016 (AS1281) in cui si è giustamente osservato che il citato regime di monopolio “determina …un grave danno all’efficienza economica del sistema, ostacolando la crescita del settore”. E ciò, in quanto “Il valore e la ratio stessa dell’impianto normativo europeo risultano gravemente compromessi dalla presenza, all’interno dell’ordinamento nazionale, di una disposizione ormai isolata nel panorama degli ordinamenti degli Stati membri, che attribuisce ad un solo soggetto (SIAE) la riserva dell’attività di intermediazione dei diritti d’autore” anche in quanto “la mancata apertura del mercato nazionale della gestione dei diritti limita la libertà d’iniziativa economica degli operatori e la libertà di scelta degli utilizzatori. Il mantenimento del monopolio legale appare, infatti, in contrasto con l’obiettivo di rendere effettiva la libertà dei titolari del diritto di effettuare una scelta tra una pluralità di operatori in grado di competere con l’incumbent senza discriminazioni. Il regime di riserva delineato dall’articolo 180 LDA, peraltro, esclude la possibilità per organismi alternativi alla SIAE di operare in ambito nazionale, costringendoli a stabilirsi presso altri Stati membri per sfruttare le opportunità offerte dalla Direttiva in parola”.
Diritto “indisponibile”
La norma in commento, inoltre, introduce all’art. 73 L.d.A. il nuovo comma 2bis che stabilisce che interpreti e esecutori non possono né rinunciare né cedere a terzi il loro diritto a compenso.
Nessun dubbio, tuttavia, può sorgere in relazione al fatto che l’espressione “incedibile” sia da intendersi come unicamente riferita alle cessioni a titolo definitivo.